Yi Sang

La ricerca dell’identità di Yi Sang

LA RICERCA DELL’IDENTITÀ DI YI SANG

Anni ‘30 del XX secolo. L’impero nipponico vuole rendere i coreani a tutti gli effetti dei sudditi giapponesi sradicandone l’identità con provvedimenti quali l’adozione di un nome giapponese e l’imposizione del culto dei kami, le divinità del Sol Levante.
Entra in scena un uomo, ingegnere, scrittore e poeta. Yi Sang cerca una via di fuga da quel mondo che non sente parte di sé; si concentra sul proprio mondo interiore, vuole perseguire la verità ed ottenere così la propria catarsi. Cercando la sua strada, Yi scopre le potenzialità del linguaggio: lo
frammenta per rappresentare la frammentazione del suo io; poi lo osserva per ricostruire la sua immagine in uno specchio.

“[…] Il mio sogno dove io non ci sono. Il mio specchio dove il mio impostore non si mostra. […]”
Yi Sang, Lirica XV, 4

LA FRAMMENTAZIONE
Ogamdo è il titolo di una raccolta poetica di Yi Sang e significa “dall’occhio del corvo”. L’autore in questa serie di poesie, si identifica con un corvo, uccello di mal augurio, e ne condivide il punto di vista privilegiato per descrivere la realtà.
Nella prima lirica tratta da Ogamdo si legge di 13 bambini che hanno paura mentre corrono su di una strada che termina in un vicolo cieco. Ogni bambino singolarmente dice di essere spaventato.
Essi sono spaventati e spaventosi e non ci sono altre condizioni. Forse un paio loro sono spaventati e un paio spaventosi. Forse la strada è aperta e i 13 bambini non stanno correndo affatto

Figura 1 Yi Sang, Ogamdo, lirica n.1.

La lettura di questa poesia suscita incomprensione ed un senso di stranezza: è difficile vedere nel componimento una logica o un senso. L’alfabeto coreano è amalgamato – frammentato – con i caratteri giapponesi. Le parole nella pagina sono accuratamente accostate – frammentate – dall’alto in basso, da destra a sinistra. Certamente è ipnotico. Si riguarda il componimento, si rilegge, si riguardano i segni sulla pagina e pian piano l’armonia tra contenuto, forma e realtà diviene quasi
tangibile, come se il ripetere le frasi della poesia imprimesse profondità al loro senso, o forse riuscisse a spiegare il nostro mondo interiore.
Yi Sang affronta la paura esistenziale che dilaga nel periodo coloniale – la sua paura esistenziale: quella di vivere e quella di morire. Dall’alto il corvo guarda 13 bambini. Si potrebbe dire che i 13 bambini stiano correndo incontro alla morte ma, effettivamente, potrebbero non correre affatto perché il solo vivere nella paura delle oppressioni, delle guerre e della fame li consuma. I bambini sono spaventati e sono spaventosi da guardare. Il numero 13 rappresenta il terrore, la terribile agonia esistenziale che il poeta percepisce sempre dentro di sé. Con gli occhi di un corvo che
osserva se stesso in qualità di uomo e quel mondo di uomini pietosi, il poeta stordisce con la sua ricerca espressiva votata alla descrizione dell’io.

LA RICOSTRUZIONE
Analiticamente lo specchio è uno strumento in cui vediamo riflessa l’immagine della realtà che gli sta davanti. Ciò vuol dire, in un certo senso, che lo specchio fornisce un’altra dimensione della realtà in cui viviamo, una realtà speculare alla nostra.
Yi Sang segue una direttrice focale che parte dall’idea dell’altro sé nello specchio inteso come personale metà complementare: dall’altro lato dello specchio c’è quella condizione -qualunque essa sia- il cui raggiungimento permetterebbe al poeta di essere completo, cioè di riconoscersi in
un’identità ben definita. Tuttavia, proprio a causa dello specchio, Yi Sang ritiene che non riuscirà mai a raggiungere l’altro sé e ottenere così la catarsi. Lo specchio, qui metafora della stessa condizione di oppressione sociale e di alienazione, e sia ciò che ci permette di comprendere una
condizione esistenziale (e il suo scioglimento), sia l’ostacolo che impedisce la catarsi.
Guardarsi nello specchio provoca sofferenza.


“[…] Visto che c’è uno specchio non posso toccare il me dello specchio ma se non ci fosse uno specchio come avrei mai potuto conoscere me stesso in uno specchio […]”.

-Yi Sang, Kŏul (Specchio)-

Il poeta ricerca, dunque, la catarsi nell’eliminazione dell’altro sé, nell’eliminazione di quel riflesso che gli rivela, così sconsideratamente, che la sua identità è inconsistente e il suo io frammentato.


“Ho coperto il mio cuore con un metallo a prova di proiettile e ho fatto fuoco con la pistola,
mirando al lato sinistro dello specchio. Il proiettile si è conficcato a sinistra del suo petto ma il suo cuore era a destra”
.

-Yi Sang, Lirica XV, 5-

Yi Sang non riesce a vedere realizzata la fine della sua ricerca. Preda di questa sua tortura interiore e della tubercolosi, non si toglie la vita solo perché tramite i suoi scritti esorcizza il suicidio. Muore nel 1937 a 26 anni nella prigione di Fukuoka, in Giappone, marchiato come dissidente politico.

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