Fotografia di Annamaria Fedele

Letture estive dalla Corea: i nostri consigli

È di nuovo estate. È di nuovo quel momento dell’anno in cui ci concediamo ai cambiamenti e il desiderio di esplorare tempi e luoghi distanti si fa sempre più incalzante.

Abbiamo pensato di mettere insieme una lista di consigli di lettura; non crediamo esistano criteri per individuare titoli da ombrelloni, crediamo invece che esista una corrispondenza unica tra noi ed i libri e vi auguriamo che la possiate scoprire quest’estate, ovunque vi troviate.

Pavana per una principessa defunta” di Park Min Gyu (Trad. Benedetta Merlini, Metropoli d’Asia, 2017)

Sentire l’emozione di qualcun altro sulla propria pelle è uno dei regali più magici che si possano ricevere da un’opera letteraria. Un ragazzo trova un amico difficile. Un ragazzo si innamora della ragazza più brutta che si sia mai vista. Sembra banale, la storia perfetta per una commedia romantica senza pretese eppure, questa trama nasconde una gemma della letteratura contemporanea sudcoreana.

“Pavana per una principessa defunta”, in ogni sua pagina, è pregna di un’introspezione complessa ma mai soffocante, attraente e sempre elegante: un’introspezione tale da rendere tangibile per il lettore ogni sensazione provata dai personaggi, rendendo il lettore stesso tutti i personaggi.

È una lettura estiva per chi ama scoprire nuovi occhi sul mondo con leggerezza, ma non troppo.

Notti invisibili giorni sconosciuti” di Bae Suah (Trad. Andrea De Benedittis, Add Editore, 2020)

In sottofondo una radio trasmette notiziari notturni per marinai. Ayami ha 29 anni, una formazione da attrice e un lavoro precario da impiegata tuttofare presso l’unico teatro sonoro di Seoul. Ayami studia tedesco e sa leggere il labiale. Ayami sogna la sua infanzia e ne confonde i ricordi. Ayami si perde in un labirinto di immagini e forme ricorrenti. Ayami si muove in una metropoli, vivida e irriconoscibile, che avvampa sotto il sole torrido di un’estate umida e soffocante. Ayami assiste a blackout improvvisi che sembrano calare un sipario nero sulla città. Ayami vive un giorno e una notte attraverso brusche dicotomie sensoriali che la conducono lungo il confine incerto della sua realtà. Ayami incontra improvvisati compagni di viaggio: Puha è un poeta di mezza età che non ha mai scritto un verso; Wolpy è uno scrittore tedesco di romanzi gialli atterrato per caso in Corea. Ma è veramente Ayami a fare tutto questo o siamo noi a crederlo?

“L’infinito mare dei vent’anni” di Hwang Sŏk Yŏng (Trad. Andrea De Benedittis, O barra O Edizioni, 2021)

Corea del Sud, anni ‘60, un giovane soldato sta per partire per il Vietnam. Non può ancora saperlo, ma l’attende uno dei conflitti più sanguinari della storia. In ogni gesto e parola del giovane Chun, che si accinge a trascorrere gli ultimi giorni che lo separano dalla guerra, emerge un senso di vuoto e spaesamento. Il suo smarrimento è quello di una generazione intera cresciuta negli anni della guerra di Corea e della divisione del Paese. Il grande sviluppo industriale che porterà la Corea del Sud a diventare la potenza che è oggi deve ancora iniziare, davanti ai giovani degli anni Sessanta c’è solo un forte senso di incertezza.  Chun, alter ego dello scrittore Hwang Sŏk Yŏng, uno degli autori più apprezzati e prolifici del panorama letterario coreano, riporta la sua mente agli anni dell’adolescenza, quegli anni tanto intensi ed amati ai quale sta per dare il suo commiato. Insieme a lui e i suoi amici iniziamo un vagabondaggio non solo nello spazio, in lungo e il largo sotto il 38° parallelo, ma anche tra i sogni, le speranze, il desiderio di libertà, la ricerca di sé stessi, da una parte, e gli orrori, la povertà, le disuguaglianze sociali che affliggevano la società del tempo, dall’altra. “L’infinito mare dei vent’anni” è un viaggio amaro ma allo stesso tempo affascinante, in una Corea del Sud che oggi non esiste più ma che ci stupisce descritta attraverso gli occhi dell’adolescenza.

“La guardia, il poeta e l’investigatore” di Lee Jung Myung (Trad. Benedetta Merlini, Sellerio, 2016)

Se questa estate avete voglia di un giallo accattivante e di staccare la spina, “La guardia, il poeta e l’investigare” di Lee Jung Myung fa per voi. Ambientato nella Fukuoka del 1944 in una prigione, questo libro vi trasporterà in un universo fatto di poesia, umanità e speranza, proprio dove non avremmo creduto di trovarne.

Il brutale omicidio di una guardia carceraria dà inizio alle indagini che porteranno un investigatore a scavare nella vita della vittima e di coloro che gli erano più vicini, tra questi il poeta coreano Yun Dong Ju.

Mantra dell’estate: “Se devi scommettere su qualcosa, scommetti sulla speranza”.

“Ho il diritto di distruggermi” di Kim Young-Ha (Trad. Andrea De Benedittis, Metropoli d’Asia, 2014)

Il romanzo è raccontato attraverso gli occhi del narratore, un “assistente al suicidio”, un killer atipico e narcisista che trae piacere dal guidare verso il suicidio le persone che lo desiderano. Attraverso i suoi occhi siamo catapultati all’interno delle storie dei protagonisti, persone apparentemente sconnesse ma unite da uno stesso desiderio, quello di porre fine alla propria vita. Chi sono queste persone? Ma soprattutto, quali sono le ragioni che le hanno spinte a prendere tale decisione? Sono queste alcune delle domande cui il romanzo si propone di dar risposta e cui il lettore stesso cercherà di trovar risposta.
Attraverso quest’opera, Kim Young-ha propone un viaggio introspettivo all’interno della società contemporanea, in cui si è preda o predatore, in cui i deboli finiscono quasi sempre per essere divorati. È la ricerca del sé, di quell’io interiore che spesso rimane in silenzio, accovacciato in un angolino del proprio cuore, spaventato da ciò che la società potrebbe pensare.

Le Malerbe di Keum Suk Gendry-Kim (Trad. Mary Lou Emberti Gialloreti, Bao Publishing, 2019)

Le Malerbe è una graphic novel della fumettista coreana Keum Suk Gendry-Kim basata sulla storia vera della sopravvissuta Yi Okseon, una “comfort woman”, termine coniato per identificare quelle donne e ragazze, alcune giovanissime, costrette con la forza o convinte con l’inganno a lavorare come prostitute e intrattenitrici per l’esercito giapponese durante la guerra di espansione in Asia da parte del Giappone agli inizi degli anni ‘40. Queste donne provenivano da diversi paesi asiatici come Corea, Cina, Filippine e ci furono perfino donne olandesi, residenti nei territori occupati dai giapponesi in Indonesia.

Una ferita ancora aperta tra i paesi che continua a far discutere e creare tensioni anche ai giorni nostri.

L’autrice Keum Suk Gendry-Kim si affida alla memoria di Yi Okseon per raccontare una storia personale, che riporta ad un passato doloroso e frammentario di cui le vittime hanno preferito tacere per anni, anche per la difficoltà di accettazione da parte delle loro stesse famiglie e della società coreana alla fine della guerra. 

Un tema triste che l’autrice riesce a gestire non esclusivamente con un atteggiamento compassionevole verso le vittime, ma sottolineando anche il loro coraggio e la forza nel resistere alle avversità. Ecco il paragone con l’erba di campo, che “si piega per il vento, e non smette di crescere anche se calpestata”.

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