Jambinai: tra rock e tradizione

Se immaginassimo di partire per un ipotetico Grand Tour nella musica indie coreana una tappa d’ascolto obbligata sarebbero sicuramente i Jambinai, band che si è formata a Seoul nel 2009 e che, da allora ad oggi, ha realizzato tre album.

Per quanto sia sempre più difficile dare delle etichette specifiche, possiamo dire che la loro musica rientra nel post-rock, con più di qualche decisa spruzzata di metal, ma senza dimenticare le radici, ovvero la musica tradizionale coreana. E sì, perché la vera particolarità di questo gruppo sta proprio nella loro composizione: sono una perfetta unione di strumenti “occidentali” e strumenti tradizionali, e questi ultimi non sono semplici orpelli usati per dare un tocco di “esotico” o di folklore, ma sono fondamentali per la tessitura musicale di tutti i loro brani.

Jambinai (credit Siyoung Song)

A suonare gli strumenti tradizionali sono i tre membri che hanno dato vita al progetto: Lee Il-woo (frontman della band), Kim Bo-mi e Sim Eun-yong. Lee Il-woo, oltre alla chitarra, suona il piri, un flauto in bamboo, e altri strumenti a fiato sempre tradizionali; Kim Bo-mi è la suonatrice dell’haegeum, strumento simile a un violino verticale a due corde che viene suonato con un archetto (chi ha visto “L’arco” di Kim Ki-duk lo riconoscerà come lo strumento suonato dal protagonista del film); chiude il trio Sim Eun-yong con il suo geomungo, uno strumento a corde paragonabile alla cetra da tavolo per come viene suonato. Completano la band Yu Byeong-koo al basso e Choi Jae-hyuk alla batteria.

Sim Eun-yong e geomungo

Il risultato di questa strana combinazione è davvero notevole: nei loro pezzi e nei loro album – “Difference” (2012), “A Hermitage” (2016) e “ONDA” (2019) –  potenza ed energia si mescolano a momenti di lirismo a tratti struggente e malinconico.

L’anima più heavy si può trovare in “Time of Extinction” il pezzo che hanno suonato, insieme a un’orchestra di geomungo,  durante la cerimonia di chiusura dei Giochi Olimpici invernali di Pyeongchang del 2018.

Mentre, esattamente dall’altro lato dello spettro delle emozioni ci sono canzoni delicate e toccanti come “Connection” o “For everything that you lost” che andrebbero accompagnate da un foglietto illustrativo che ne consigli l’ascolto con delle buone cuffie e a occhi chiusi. Perfetta combinazione delle due anime, è invece “In the woods” con i suoi densissimi e intensi tredici minuti di durata.

Riprendendo un elemento che si ritrova spesso nelle band post-rock, i loro brani sono quasi sempre solo musicali, sono pochi quelli nei quali all’insieme si aggiunge anche il testo, come nel caso di “Sun. Tears. Red”, brano presente nell’ultimo disco “ONDA” e dedicato a chi lottò per l’indipendenza della Corea durante la colonizzazione giapponese.

Tra l’altro, “ONDA” è il secondo album della band realizzato con l’inglese Bella Union, l’etichetta discografica indipendente fondata nel 1997 da Simon Raymonde e Robin Guthrie, entrambi membri dei Cocteau Twins.

Siccome pare non si possa parlare di Corea del Sud, senza parlare di k-drama ecco che anche qui possiamo cogliere l’occasione per citarne almeno uno! Si tratta di “Rebel: thief who stole the people” che non fa parte di quelli super famosi e cult, ma che ha nella sua colonna sonora un loro pezzo. Se si è in vena di commozione è altamente consigliato.

Insomma, i Jambinai sono un gruppo da provare ad ascoltare almeno una volta e sono anche un gruppo da guardare per cercare di capire come facciano a tirare fuori tutta quell’energia stando rigorosamente seduti! Anche in questo, non solo nell’ensemble degli strumenti, si discostano dai canoni del tipico gruppo rock. Date un’occhiata su Youtube per credere.

Scritto da Eleonora Serra

Video Time of extinction – cerimonia Olimpiadi

Video Time of extinction

Video Connection

Video For everything that you lost

Video In the woods

Video Sun red tears

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