film sonori

L’era dei film sonori e il militarismo

Siamo arrivati al terzo appuntamento in questo nostro viaggio nella storia del cinema coreano. Se nel primo vi abbiamo parlato dell’introduzione dei kino-drama, dei primissimi film e dell’apertura dei primi teatri e cinema fissi in Corea (al tempo ancora regno di Chosŏn), e nel secondo vi abbiamo raccontato degli anni d’oro del cinema muto e lo stile shinpa, oggi tratteremo dei primi film con sonoro.

I primi film sonori vengono prodotti nell’ultima decade dell’occupazione giapponese, tra il 1935 e il 1945. Secondo le fonti ne vennero realizzati ben sessantanove, molti dei quali vennero anche esportati all’estero, nei Paesi asiatici dove risiedevano coreani. La maggior parte di questi film, infatti, sono opere di propaganda atte a diffondere il militarismo giapponese, quindi realizzati con lo scopo di indottrinare i coreani a servire l’imperatore nipponico.

Il primo film sonoro ad essere trasmesso in sala fu “Storia di Chun-hyang” nel 1935, diretto da Yi Myung-u, risultato di uno studio congiunto con i giapponesi. Tuttavia, a causa del basso budget a disposizione e delle difficoltà tecniche, il film ricevette aspre critiche. Il sistema utilizzato per il sonoro fu quello del sound-on-film, che consisteva in una registrazione fotosensibile del suono direttamente su pellicola tramite pista ottica. Si trattava di una tecnica di difficile utilizzo per cui vi fu la tendenza a diminuire al minimo i dialoghi, cosa che andò a favore dei film muti. Questi, infatti, con l’accompagnamento della narrazione del byunsa, continuarono ad essere prodotti fino agli anni Quaranta, mentre la figura del byunsa continuò ad essere presente nei cinema fino alla metà degli anni Sessanta.

Vi abbiamo già parlato, in uno dei precedenti articoli, della storia di Chun-hyang, della sua origine dal p’ansori e di quanto essa sia cara ai coreani. Di fatto, ogni volta che una nuova tecnologia cinematografica veniva implementata, questa veniva testata su una nuova versione di questa storia tradizionale.

Storia di Chun-hyang. Fonte: Korean Film Archive

Nonostante le difficoltà, i film sonori iniziano a dominare i teatri a partire dal 1937. Ma l’imporsi del sonoro non è il risultato dello sviluppo della tecnologia coreana, essa è infatti possibile grazie alla co-produzione con partner giapponesi che entrano a occuparsi degli aspetti tecnici.

Se da una parte, però, troviamo film di propaganda, dall’altra emergono anche film dove i coreani sfoggiano con orgoglio la propria identità, che con le sue peculiarità si mostra differente da quella dei giapponesi che con tanta fatica stavano cercando di annientarla, assimilandola. Uno dei modi con cui questa identità veniva rappresentata sul grande schermo era attraverso i classici, come “Storia di Chun-hyang” (1935), “Storia di Jang-hwa e Hong-ryŏn” (1936, anche di questa vi avevamo parlato nel precedente articolo) e “Storia di Shim-chung” (1937). Quest’ultima, tratta dalla tradizione del p’ansori come “Storia di Chun-hyang”, si concentra sul valore confuciano della pietà filiale, mostrato in maniera commovente dalla protagonista che arriva a sacrificare la sua vita pur di far riacquistare la vista al padre.

Il più antico film sonoro giunto a noi è Sweet Dream: Lullaby of Death (미몽: 죽음의 자장가), del 1936 e diretto da Yang Ju-nam, opera che sconvolse il pubblico dell’epoca per la sua raffigurazione della vita di una donna “moderna”. La protagonista Ye-su è descritta come una femme fatal che, nonostante il suo ruolo di madre e moglie (della cui importanza nella società confuciana abbiamo parlato in questo articolo), non si esime dal cercare di perseguire i suoi desideri, cosa che la porterà all’autodistruzione. Il film voleva quindi mettere in guardia i giovani dal perseguire stili di vita considerati al tempo “moderni”, focalizzati a ottenere quello che era considerato un egoistico soddisfacimento dei propri desideri. Il film fu sponsorizzato dalla questura di Kyŏnggi-do ed è da considerarsi come la prima campagna di sensibilizzazione ed istruzione su mezzi di trasporto. Vediamo, infatti, che la figlia di Ye-su viene istruita a scuola sui mezzi di trasporto. Tuttavia, perde la vita investita da un taxi che stava trasportando proprio sua madre, cosa che porterà quest’ultima alla depressione e al suicidio.

Suicide squad of Watchtower. Fonte: IMBb

Nel 1940 il Governatore Generale del Giappone in Corea emanò leggi ancora più restrittive, rispetto a quelle emanate nel 1926, riguardo censura e regolamentazione in materia di cinema. Per via di questo decreto, tutti i produttori di film dovevano registrarsi e richiedere l’autorizzazione per la realizzazione di ogni nuovo film. Sia le sceneggiature che le opere complete dovevano essere esaminate e passare la censura, così come i film stranieri venivano attentamente selezionati prima di entrare nella nazione. Allo stesso tempo tutti gli spettatori, compresi i bambini, dovevano ottenere l’autorizzazione per poter vedere film che non fossero di propaganda.

I film di propaganda giapponese erano per molti versi simili a quelli prodotti nella Germania nazista: l’esercito e il campo di battaglia erano descritti come luoghi dove coltivare il proprio carattere e la crescita personale. Ma se da una parte i nazisti realizzavano film dove mostravano il loro antisemitismo e nazionalismo, i giapponesi adottarono un “nazionalismo inclusivo” sotto lo slogan “Giappone e Corea un solo corpo” (內鮮一體). Lo scopo era quello di cercare di convincere i giovani coreani a combattere e dare la propria vita per l’imperatore nipponico. Per ottenere il completo asservimento dei coreani, il Giappone tentò di eliminare la loro cultura, arrivando persino a far cambiare i nomi dei coreani in nomi giapponesi e a bandire l’uso della lingua coreana nelle scuole. Anche i film doppiati in coreano furono proibiti, e solo quelli in giapponese vennero considerati accettabili. Ai registi coreani restarono solo due opzioni: piegarsi al volere degli invasori o abbandonare il mondo del cinema.

Tra questi film di propaganda ricordiamo alcuni titoli come “Suicide Squad of Watchtower” (1943), storia di come un giovane ufficiale giapponese riesce a catturare dei guerriglieri cinesi nascosti nei pressi del fiume Amnok (il fiume Yalu) con l’aiuto della popolazione locale; “Portrait of Youth” (1943), film in stile documentario sulla vita di giovani studenti coreani di scuola media e i loro sforzi per entrare nell’esercito, qui uno dei ragazzi afferma “servire nell’esercito farà di noi dei veri giapponesi”; “Vow of Love” (1945), opera che voleva convincere i coreani a servire come kamikaze nell’esercito imperiale. I kamikaze, come molti dei nostri lettori sapranno, erano dei piloti, per lo più giovanissimi, che si offrivano volontariamente di dare la propria vita schiantandosi con il proprio veicolo contro gli obbiettivi nemici. In questo film vediamo un giovane orfano coreano, adottato da una coppia giapponese, che supera i suoi conflitti interiori e decide di seguire le orme degli eroi di guerra kamikaze.
L’indipendenza fu raggiunta nel 1945, ma produttori e registi che aiutarono i giapponesi nel realizzare queste opere di propaganda non furono mai puniti. Anzi, alcuni di questi iniziarono a girare film sull’indipendenza.

Scritto da Sara Bochicchio



Immagine di testata: Sweet Dream: Lullaby of Death. Fonte: Korean Film Archive

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