Quando cala la notte in paradiso

Presentato al Fuori Concorso del Festival di Venezia del 2020, Night in Paradise di Park Hoon-jung approda finalmente in Italia sulla piattaforma Netflix e si inserisce a pieno titolo nel più ampio processo di diffusione dell’identità culturale coreana comunemente denominato Hallyu.

Park Hoon-jung non esita nel mostrare una Corea cupa in cui gang di criminali cercano di spartirsi la capitale che, sembra quasi ridondante da dire, appare dominata da una violenza feroce. La storia è semplice e ruota attorno alla figura di Park Tae-goo, interpretato da Eom Tae-goo, giovane killer spietato dal passato misterioso che si ritrova, suo malgrado, al centro dei giochi di poter di boss rivali. Ed ecco dunque che la narrazione prende avvio e in una Seoul carica di pioggia l’intimità familiare dell’incontro di Tae-goo con la sorella e la nipote viene spazzata via dalla loro morte in un incidente stradale; la rabbia si riversa nella vendetta che, a pochi minuti dall’inizio del film, viene magistralmente consumata all’interno di una sauna. La vendetta è un leit motiv silenzioso, declinato in modi diversi via via che si procede con la narrazione, tuttavia non c’è tempo per esplorarla a fondo o farla sedimentare, esplode furiosa e si trasforma nella solitudine che accompagnerà Tae-goo per tutto il film.

Consumata la vendetta, il resto del film è un’attesa, una sorta di sospensione dalla vita ma di certo non una resa e il regista decide di marcare questo passaggio spostando l’azione nell’incantevole isola di Jeju. È qui che avviene l’incontro tra Tae-goo e Jae-yeon, interpretata da Jeon Yeo-been, unica figura femminile all’interno di un universo esclusivamente maschile. Jae-yeon è un personaggio interessante, costruito per non essere intrappolato in ruoli rigidi e stereotipati: non è la “cattiva” ma di certo non spicca per la sua bontà d’animo, non è una donna forte con la necessità di dimostrare di non avere debolezze né tanto meno una donna alla ricerca della protezione di un uomo. È semplicemente una donna a cui piace mangiare mulhoe – zuppa di pesce crudo piccante – in un ristorante non assediato dai turisti; è una donna che sa maneggiare armi da fuoco all’occorrenza e non ha timore di chiedere ciò che vuole in modo diretto. Nessun intreccio amoroso, quindi, tra Tae-goo e Jae-yeon bensì la condivisione di tutti quei momenti, brevissimi e impalpabili, che riescono a sottrarre all’assedio della realtà. Purtroppo, però, la presenza di alcune lacune nella storia unite all’evoluzione del suo profilo emotivo tendono ad appiattire il suo personaggio, soprattutto nella seconda parte del lungometraggio, e a non valorizzare appieno l’ottimo lavoro fatto dall’attrice.

Night in paradise è un noir dalla trama semplice con l’evidente vocazione di diventare un punto di riferimento tra i gangster movie contemporanei. Purtroppo, non raggiunge, se non in minima parte, l’obiettivo: ben riuscito il gioco di contrasti sensoriali con cui la placida quiete dei paesaggi si scontra con il rumore caotico delle scene girate in interno; meno riuscite invece sia la costruzione dell’intero impianto narrativo, che la persistente spettacolarizzazione dei combattimenti, a lungo andare noiosa.

La conclusione, invece, non delude e rispecchia ciò che il titolo suggerisce: anche in paradiso cala la notte e quando avviene l’oscurità è totale.

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